Muffin salati di zucca
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Gennaio 12, 2024di Dott.ssa Nunzia D’Anna – Psicologa e Psicoterapeuta
Mangiare è un atto quotidiano che spesso diamo per scontato e compiamo distrattamente senza neanche rendercene conto, magari mentre stiamo facendo un’altra attività, come guardare la tv o finire quel lavoro al pc che dobbiamo consegnare entro domani.
Non siamo soliti riflettere su quest’aspetto della nostra quotidianità che rientra spesso a pieno titolo tra i nostri automatismi, quelle azioni che compiamo in maniera poco consapevole e su cui ci sembra di non avere controllo.
Nonostante la preoccupazione per il peso, spesso e volentieri rifuggiamo da un rapporto intimo con il cibo e non siamo pienamente presenti a noi stessi nell’atto di mangiare. Non gustiamo, non assaporiamo e può succedere che, nonostante un lauto pasto, non ci sentiamo veramente sazi, nutriti ed appagati: la nostra testa era altrove e non si è nemmeno accorta di quello che stava succedendo.
Siamo dei mangiatori distratti ed il cibo può rappresentare anche una consolazione. Ti sarà sicuramente capitato di girare per casa annoiat* , di trovarti a sgranocchiare la prima cosa che ti capita a tiro e per poi sentirti in colpa e punirti, magari saltando la cena.
Ti sei mai veramente interrogat* su questo tipo di meccanismo?
Per molte persone il cibo rappresenta una valvola di sfogo. Di fronte allo stress, alla tristezza, al senso di vuoto e solitudine, alla noia, molti rispondono mangiando automaticamente, cercando nel cibo una gratificazione immediata che non riescono a trovare in altri ambiti della loro vita.
Chiediamoci, quindi, “Come sto?”, “Sono felice?” , “Sono annoiat*?”, “C’è qualcosa che mi preoccupa e che non voglio affrontare? Impariamo ad ascoltarci!
Ascoltarci non significa soddisfare ogni nostra voglia nel momento in cui si presenta ma ascoltare la complessità della nostra esperienza. Significa, innanzitutto, domandarci se abbiamo davvero fame o se stiamo cercando una facile consolazione, imparare a sentire la nostra esperienza mentale e corporea.
Veniamo “educati” al cibo, a non lasciare niente nel piatto, a consumare determinati alimenti piuttosto che altri. Istintivamente l’uomo sa di cosa necessita il suo corpo, nel tempo, però, viene educato a non ascoltarsi, a non fidarsi di quello che sente, ma a fidarsi di quello che viene imposto dalle convenzioni sociali.
Cercare un dialogo con la nostra emotività e mentalizzare le nostre emozioni è il primo passo verso la consapevolezza.
Se ci fermiamo a dialogare con noi stessi e con le nostre emozioni sarà più semplice mangiare per bisogno, ascoltando il corpo e dandogli ciò di cui fisiologicamente necessita. Chiediamoci che tipo di fame abbiamo, di cosa ha bisogno il nostro corpo in quel determinato momento, che tipo di alimento ci sta chiedendo.